«SIATE FORTI NELLA FEDE»

Canonista e pastore
per l’edificazione della «communio» ecclesiale
di
GRAZIANO BORGONOVO
Professore stabile di Teologia morale fondamentale
alla facoltà di Teologia di Lugano

La personalità umana, scientifica ed ecclesiale di Eugenio Corecco è come per intero racchiusa e mirabilmente concen-trata nella sua prima Lettera pastorale da Vescovo di Lugano, Siate forti nella fede, indirizzata ai fedeli per la Pasqua del 1987 1. Ripercorrerne da vicino i passaggi ci sembra il metodo più appropriato per cogliere i tratti salienti di una personalità ricca, poliedrica, che nella fede integralmente vissuta ha sem-pre incontrato il punto unitario e sintetico d’espressione. La profonda capacità di indagine, le categorie teologiche di riferimento, l’avvertenza pedagogica per il cammino delle persone affidategli, affiorano qui con forza.
Due ulteriori richiami ci offrono in modo diretto l’ampiezza di prospettiva che la posizione umana di Eugenio Corecco era in grado di abbracciare. La vigilia della consacrazione, il 28 giu-gno 1986, stando in un monastero di clausura di suore bene-dettine, aveva spiegato dagli schermi televisivi il motto scelto per lo stemma del suo ministero episcopale, «in omnibus aequitas quae est Deus»: «Sono convinto, con tutta la tradizione cri-stiana che ha prodotto questa formula già nel ‘200, che l’equità è una forma superiore della giustizia. Anzi, coincide con la giu-stizia di Dio. La giustizia di Dio è misericordia e perdono. Non ha come simbolo la bilancia umana, dove si pesa meticolosamente il dare e l’avere, ma ha come simbolo la croce che è l’espressione della redenzione e del perdono di Dio» 2 . E quasi sette anni più tardi, in occasione del pontificale per il primo «Dies Academicus» della Facoltà di Teologia da lui fondata, il 13 gennaio 1993: «Lo studio della teologia è indispensabile al cristiano per saper dare al mondo le ragioni profonde e perciò anche razionali della sua fede, come del resto, fin dall’inizio ci ha esortati a fare san Pietro, con la sua prima lettera (1 Pt 3, 15). Lo studio della Teologia, tuttavia, non può non avere, quale risvolto, l’adesione esistenziale della nostra persona alla persona di Cristo. Solo così la nostra testimonianza evita il rischio di essere ideologica, per essere, invece, comunicazione agli altri dell’esperienza di fede vissuta dalla nostra persona» 3. Dove appaiono con evidenza l’erudiziene del giuri-sta e l’intelligenza del teologo, entrambe ricondotte alla sola Fonte – la persona di Cristo – che le sostiene in quell’orizzonte ecclesiale, della cui verità il pastore è garante.  In Siate forti nella fede tale organicità d’impostazione raggiunge il suo vertice.
Occorre pure essere avvertiti del notevole spazio che il genere letterario epistolare ha occupato nel magistero episcopale
di Mons. Eugenio Corecco. Accanto alle più classiche Letterepastorali (Siate forti nella fede, per la Pasqua 1987; Per la costi
tuzione del Consiglio Pastorale Diocesano, gennaio 1988; La verginità nel ministero sacerdotale,rivolta ai mèmbri del presbiterio diocesano per il giovedì santo 1988; Annunciate il Vangelo,Quaresima 1989; Preparazione e celebrazione del sacramento della Confermazione,Quaresima 1991; L‘insegnamento religioso nelle scuole, Quaresima 1993, lettera aperta, quest’ultima,indirizzata a tutti i genitori; e Le zone pastorali, 4 novembre 1994, nella festa di san Carlo Borromeo), troviamo infatti tutta una serie di scritti di notevole rilievo, accomunati da un genere letterario affine: le cinque Lettere dal Smodo dei Vescovi, riuniti a Roma nell’autunno 1987 sul tema «Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, a 20 anni dal Concilio Vaticano II»; le Lettere dall’America Latina e dalla lena Santa (feb-braio 1988); e infine una seconda serie di quattro Lettere dal Smodo dell ottobre 1990 sull’identità e la formazione sacerdo-tale, ^ultima delle quali diretta specificamente ai giovani.
Ciò che vorrei ora tentare di porre brevemente in rilievo sono i temi costantemente ricorrenti, certamente nelle lettere, ma ancor prima nell’insieme degli scritti canonistici e teologici di Mons. Eugenio Corecco, vale a dire la fede, la persona uma-na e la sua dimensione ecclesiale (in sintesi: «fides et commu-nio», formula che potrebbe avere, come corrispondente giuri-dico, quella data alla presente raccolta di scritti canonistici, «ius et communio»}, limitandomi in questa sede all’analisi di Siate forti nella fede, la grande lettera programmatica d’apertura del suo ministero episcopale. La ricca personalità dell’Autore vi emerge m modo nitido. Condurrò tale indagine passando in rassegna i riferimenti diretti di Mons. Corecco ai testi della Sacra Scrittura, ai documenti del Concilio Ecumenico Vatica-no II, all’insegnamento del Magistero Pontificio. Potremo rica-varne un duplice vantaggio: a) cogliere il nesso fede-persona-Chiesa, collocandocib) proprio all’interno di quella dimensio-ne ecclesiale che nutre la fede della persona credente.

1. Una fede totalizzante
La Lettera pastorale Siate forti nella fede contiene tre riferimenti al Concilio Vaticano II che, da soli, basterebbero a giustificare il nostro approccio. Essa si apre con una citazione di Gaudium et Spes 43, 1, in cui è descritta la drammatica situa zione odierna: «II divorzio, che si constata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo». Dopo aver individuato nellaperdita del senso religioso la causa ultima di tale spaccatura, Mons. Corecco, introducendo la questione dell’integralità della persona – della persona, cioè, considerata in tutte le sue componenti costitutive – rinvia a Dei Verbum 5, quando con lucidità afferma: «Mentre la conoscenza razionale dell’esistenza di Dio impegna l’uomo a livello della sua intelligenza, la fede nel mistero della Trinità presente nel mondo attraverso Cristo e la Chiesa, coinvolge necessariamente l’uomo “tutto intero” (DV5), nella totalità delle sue facoltà mentali, volitive, psicologiche ed affettive. Nell’atto di fede l’uomo non risponde a Dio solo con una parte di se stesso, ma con il consenso di tutta la sua perso-na». Verso chi, precisamente, è diretta l’adesione di fede della persona tutta intera? Nella risposta incontriamo il rimando aLumen Gentium 1 e il rapporto Cristo-Chiesa comincia ad essere tematizzato a fondo. Essa è diretta «a quel Dio che in concreto si manifesta nel mondo attraverso il volto umano di Gesù Cristo, ancora presente nella storia attraverso la Chiesa… La Chiesa, infatti, malgrado le sue molteplici precarietà, è il segno inconfondibile della presenza di Cristo Salvatore del mondo».

2. Una fede ecclesiale
La descrizione della dinamica dell’atto di fede, della fede personale – della quale, suggerisce Mons. Corecco, dovremmo gloriarci, se ne fossimo consapevoli, esserne cioè lieti, pieni di stupore e riconoscenti a Dio per essere stati immersi nelle profondità del mistero trinitario – culmina esattamente con l’affermazione, supportata da Ef 1, 4-5 in cui san Paolo descrive il mistero della salvezza nella Chiesa, che «l’adesione alla Chiesa coincide, perciò, con l’adesione al mistero della Trinità, alla cui immagine e somiglianzà l’uomo è stato preventivamente creato “per mezzo di Cristo” (Ef 1, 5). Infatti, in Cristo nostro Signore, “Dio ci ha scelti prima della stessa creazione del mondo (Ef ì, 4)». Alla rivelazione, attraverso cui Dio manifesta se stesso all’uomo come l’essere trinitario, la risposta e l’adesione, libera e personale, dell’uomo, è possibile solo grazie ad un dono soprannaturale che Dio stesso fa all’uomo, vale a dire la grazia della fede. Per questo, prima ancora del culmine segnato dal passaggio riferito della lettera agli Efesini, Mons. Corecco ripete, in apertura della sua lettera pastorale e indicandola come conferma storica della constatazione lapidaria dei Padri Conciliari in GS 43,1, la vibrante esortazione rivolta da san Paolo ai cristiani della prima generazione: «Resistete fermi e saldi nella fede e non lasciatevi allontanare dalla speranza promessa nel Vangelo che avete ascoltato» (Col 1,23). Il successivo: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo!» (Rm 12, 2), stigmatizza, segnalando il cedimento culturale del cristiano moderno nei confronti dell’opinione dominante e delle abitudini prevalenti, la dissociazione da lui vissuta nell’intimità del proprio «io», cristiano moderno definito come «persona divisa in se stessa».
Tutti gli altri riferimenti scritturistici della Lettera Siate forti nella fede si collocano laddove Mons. Corecco passa a trattare (ed è la parte conclusiva) della necessità e dell’urgenza della catechesi, intesa come strumento indispensabile per la riappropriazione della fede cristiana sul piano dei contenuti e dell’impegno esistenziale, personale e comunitario. Fede che è «fede della e nella Chiesa» e assumendo la quale fino in fondo solo possiamo arrivare ad esprimere adeguatamente la nostra personalità. Oltre a Mt 19, 29 e a 1 Cor 2, 10-15, soprattutto 1 Ts 5,21, Col 2, 8 e 1 Pt 3, 15 forniscono altrettanti criteri metodologici convergenti per la «posizione critica e profetica – sono ancora parole del Vescovo di Lugano – che il cristiano deve assumere nel mondo contemporaneo», quel mondo contemporaneo che vive – e in quanto lo vive la posizione del cristiano ha da essere critica e profetica – il dramma della «rottura tra Vangelo e cultura» (espressione quest’ultima di Paolo VI nell’Enciclica Evangelii nuntiandi, n. 20, su cui subito ritorneremo).  Ecco dunque le consegne di san Paolo e di san Pietro, decisive perché la novità insita nelle verità e nella grandezza della fede in Cristo determini la concretezza della vita di coloro che la professano e i giudizi nei quali essa si esprime: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1 Ts 5,21); «Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia, con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo» (Col 2, 8); fino al conclusivo e sommamente positivo, siate «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi la ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3, 15).$

3. Una fede missionaria
Un passaggio della prima lettera pastorale dell’allora Card. Montini (1957), divenuto poi con l’elezione al soglio pontifìcio uno dei maggiori artefici del Vaticano II stesso, offre a Mons. Corecco la base per l’individuazione della causa ultima di quella crisi che attanaglia e in cui si dibatte l’uomo contem-poraneo. «Ecco: davanti a noi si stende il panorama del nostro mondo contemporaneo, pieno di vita, di pensiero, di attività, di conquiste. La città terrena va trasformandosi e costruendosi in nuove e grandi forme di civiltà. L’uomo cresce: di numero, di cultura, di potenza. Studi ed affari, imprese ed interessi, mac-chine e soldi, viaggi e ricchezze, divertimenti e piaceri, sogni e progetti assorbono il suo spirito, che si è fatto chiaro, calcola-tore, operoso, sociale, edonista. L’attualità lo prende. Anche le sue speranze sono diventate dinamiche per il presente. La terra è il suo regno. Ed il regno dei cieli? E la vita futura? E il desti-no soprannaturale dell’uomo? E il mistero della vita e dell’universo? E Dio? L’uomo moderno va perdendo il senso religioso». «Abbiamo magari mille ragioni per valutare con una certa distanza interiore l’entusiasmo e l’ottimismo di chi divenne il futuro papa Paolo VI», commenta Mons. Corecco, offrendo poi esempi di drammatiche vicende umane accadute negli ultimi decenni. «Forse abbiamo ragione di essere oggi cautamente meno ottimisti, ma un punto rimane fermo ed è la constatazio-ne drammatica formulata dal Cardinale Montini con assoluta lucidità trent’anni or sono: l’uomo moderno va perdendo il senso religioso», va annebbiandosi, cioè, quella capacità, inscritta nella persona umana, di porsi globalmente il problema del de-stino e del senso ultimo della sua esistenza.
Di fronte alle varie forme ideologiche di comprensione dell’umano (consumismo, conformismo democratico, razionalismo liberale, fino all’ideologia marxista), tutte volte a ridurne la portata in funzione di un progetto politico di potere, Mons. Corecco sollecita i cristiani a ridiventare consapevoli di sé anzitutto come uomini (primo aspetto), prendendo profondamente coscienza dell’anelito religioso naturale inscritto nell’uomo concreto e reale che ciascuno è, creato ad immagine e somiglianza del Dio Uno e Trino, e perciò irriducibile nella sua dignità. È a questo proposito che torna per due volte il riferimento (e a questo livello è individuata anche la sua «novità culturale») all’Enciclica Redemptor hominis di Giovanni Paolo II. La coscienza di essere cristiani, di aver cioè ricevuto in dono la capacità di compiere l’atto di fede in Cristo Salvatore (secondo aspetto), sarà allora più matura e consistente. Un rinvio all’esortazione apostolicaCatechesi tradendae e all’Enciclica Redemptoris Mater ingloba la trattazione conclusiva sulla catechesi, necessaria perché tutti diventino «forti nella fede», ad immagine di Colei che è «diventata realmente presente nel mistero di Cristo proprio perché “ha creduto”» (RM, n. 2).
E la Chiesa, Mater et Magistra (Giovanni XXIII), a generare nuovi figli con il Battesimo e a nutrirne l’innato senso religioso con l’insegnamento delle verità di fede. La prima imprescindibile esigenza, perciò, è quella di fornire ai fedeli risposte chiare sulle verità certe della fede. Mons. Corecco lo dice citando Paolo VI (Evangeli! nuntiandi, n. 79): la catechesi e la predicazione non devono trasmettere «dubbi e incertezze nati da una erudiziene male assimilata, ma alcune certezze solide, perché ancorate nella parola di Dio. I fedeli hanno bisogno di queste certezze per la loro vita cristiana e ne hanno diritto in quanto figli di Dio». Da qui, passando attraverso l’adesione ecclesiale di tutta la persona umana alla Persona divina di Cristo, la fede cristiana diventa criterio di vita. «Per la Chiesa – suona un ter-zo e ultimo passaggio tratto da Evangelii nuntiandi (n. 19) – non si tratta soltanto di predicare il Vangelo… a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno della salvezza». La fede, insomma, rimane in ciascuno ancora parziale, incompleta, non-matura, finché non si esprime in giudizi incidenti sulla vita, oppure se non diventa, detto con i termini da cui prenderà le mosse la seconda grande Lettera pastorale di Mons. Eugenio Corecco, Annunciate il Vangelo, «impeto missionario».

4. « Communio» ed evangelizzazione
I tre riferimenti conciliari (GS 43; DV5; LG 1), gli otto scritturistici (Col 1, 23; Rm 12, 2; £/1, 4-5; M/ 19, 29; 2 Ts 5, 21;Co/2, 8; 1 Cor 2, 10-15; 1 Pt 3, 15) e gli otto pontifìci (uno a Giovanni XXIII,Mater et Magistra, tre a Paolo VI, Evangelii nuntiandi, e quattro a Giovanni Paolo II, Redemptor hominis- due volte -, Catechesi tradendae e Redemptoris Mater), oltre che il rimando alla prima Lettera pastorale del Cardinale Montini, ci sembra possano dunque essere adeguatamente as-sunti per cogliere sia la connessione fede-persona-Chiesa, qua-le emerge da Siate/orti nella fede, sia la personalità stessa del suo Autore, l’illustre canonista divenuto Vescovo di Lugano.  Due ultime citazioni ne offrono la comprensione definitiva-mente sintetica. Da esse promana quella semplicità che solo i santi hanno saputo vivere e, perciò, esprimere. Se l’agostiniano:
«Ci hai fatto, Signore, per Tè, ed è irrequieto il nostro cuore, finché non riposa in Tè!», mostra la tensione originaria della persona umana per l’Infinito e il dramma insito nell’esistenza, la formula con cui san Pio X apriva il suo Catechismo: «Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo quaggiù onde poter-lo godere per sempre in Paradiso», conferisce al tempo fugge-vole la sua prospettiva eterna e dunque la ragione adeguata per essere dignitosamente vissuto. Consapevole di ciò, sarà possibi-le per il cristiano riappropriarsi con pienezza di quella fede nel mistero trinitario che ha ricevuto in dono attraverso il Battesi-mo, la grande azione ecclesiale che lo ha reso membro vivo del Corpo di Cristo.
Nel discorso di ringraziamento conclusivo al Simposio Internazionale sugli studi canonistici di Eugenio Corecco, avvenuto a Lugano il 12 novembre 1994, riprendendo un’affermazione del prof. Gerosa, l’allora Pastore della Chiesa luganese, già profondamente segnato dalla malattia, ha spiegato: «Questa ” Ordinatio fidei” non è stata assolutamente il frutto di una elucubrazione intellettuale, fatta in modo puramente speculativo. E nata da un’esperienza ecclesiale…, da un’esperienza per cui mi è venuto spontaneo parlare in termini scientifici di concetti e nozioni che avevano un impatto comunque, dal profilo esistenziale, nella vita dei giovani, così come la fede, la communio e tante altre cose» 4.
«Grazie alla sua profonda comprensione della fede e della vita cristiana – ha scritto di lui il prof. José Luis Illanes – Corecco ha potuto concepire la teologia e lo studio del Diritto canonico come due ambiti intimamente uniti e che costitui-scono un elemento decisivo al servizio dell’evangelizzazione…  E questo uno dei regali più preziosi che Eugenio Corecco ha lasciato, non solo alla Facoltà di Teologia di Lugano, ma an-che al mondo teologico e canonistico internazionale e alla Chiesa di questi ultimi anni del ventesimo secolo» 5. La socie-tà stessa non può che trarre vantaggio da testimonianze di si-mile grandezza perché il suo risanamento «inizia negli uomini che mirano in modo generoso alle cose lontane. Uno di loro era il Vescovo Eugenio». 6

 

1 In: «II monitore ecclesiastico della Diocesi di Lugano» 93 (aprile 1987), n. 4, 168-185, ed anche su fascicolo-estratto, primo di una serie di dieci, in cui sono raccolti i momenti più significativi del Magistero episcopale di Mons. Eugenio Corecco. Ad essa si farà in seguito più volte diretto riferimento. Siate forti nella fede è pure pubbli-cata dall’editrice Piemme nella collana “Euntes docete” diretta dal card. G. Biffi (n. 26).

2 Omelia alla Televisione della Svizierà Italiana, in: «Associazione Internazionale Amici di Eugenio Corecco, Vescovo di Lugano» 1 (novembre 1996), n. 1, p. 10.  3 E. COKECCO, «Siate/orti nella fede», a cura di F. Lombardi e G. Zois, Edizioni Giornale del Popolo, Lugano 1995, p. 181.

3 E. CORECCO, «Siate/orti nella fede», a cura di F. Lombardi e G. Zois, Edizioni Giornale del Popolo, Lugano 1995, p. 181.

4 L. GEROSA (a cura di), Antropologia, fede e diritto ecclesiale, Jaca Book, Milano 1995, p. 141. In questa circostanza i proff. L. Gerosa e L. Miiller hanno ufficialmente presentato l’edizione tedesca di alcuni scritti canonistici di E. Corecco, da loro curata: Ordinatio fidei. Schriften Mm kanonischen Rechi, Schóningh, Paderborn 1994.

5 J. L. ILLANES, Maestro di scienza e di vita cristiana: l’esempio di un vero pa-
store, in: E. CORECCO, «Siate/orti nella fede», a cura di F. Lombardi e G. Zois, cit., pp. 374-375, oppure in: G. BORGONOVO (a cura di), Gesù Cristo, legge vivente e per-sonale della Santa Chiesa. Atti del IX Colloquio Internazionale di Teologia di Lu-gano sul «Primo capitolo dell’Enciclica Veritatis Splendore, Piemme, Casale Monfer-rato 1996, pp. 301-302.

6 S. GRYGIEL, Egli mirava alle cose lontane…, «Rivista Teologica di Lugano» 1 (1996), n. 1, p. 152. D prof. Grygiel ha svolto la sua testimonianza ad un anno dalla morte di Mons. Corecco ed in occasione del quarto «Dies Academicus» della Facoltà di Teologia di Lugano (16 marzo 1996).