Omelia per la festa della Madonna delle Grazie nella Cattedrale di Lugano, 11 maggio 1991.
«La Chiesa venera Maria di Nazareth perché è stata colei che ha permesso alla Parola di Dio di manifestarsi all’uomo. Dio non è un oggetto che può essere raggiunto dall’uomo, di propria iniziativa e con le proprie forze. Possiamo conoscere il mistero trinitario di Dio solo se Lui stesso si rende accessibile.
Maria di Nazareth è stata Colei che ha reso possibile il mistero dell’Incarnazione nel quale la Parola di Dio si è resa visibile. Nel prologo del suo Vangelo san Giovanni
scrive, infatti, che il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria. Nessuno ha mai visto Dio, ma Cristo, che è in seno al Padre, ce lo ha rivelato (cfr. 1, 13-18). Maria è stata colei che ha permesso questa manifestazione totale di Dio, in quel Figlio, che l’uomo ha potuto sentire, vedere con i propri occhi, contemplare e ha potuto toccare con le sue mani (cfr. 1Gv 1, 1).
Perché ciò avvenisse era indispensabile che qualcuno dicesse un “sì” incondizionato, permettendo alla Parola, al Verbo, di prendere posto in una creatura umana, per incarnarsi in lei, come un figlio si forma in una madre.
Nessuna persona umana sarebbe stata capace di dire questo “sì”, perché nessuno di noi è capace di dire un “sì” incondizionato a Dio. Il consenso perfetto è per noi irraggiungibile a causa delle conseguenze del peccato originale, che portiamo nel nostro cuore.
Perché la Madonna potesse pronunciare questo “sì” è stata preservata dal peccato originale. La Parola di Dio non avrebbe potuto incarnarsi in un cuore che si fosse aperto a Dio solo per metà.
Un figlio si nutre della sostanza stessa della madre. Se il “sì” di Maria fosse stato un “sì” condizionato, quello di una persona compromessa dalla colpa originale e perciò
anche dal peccato personale, l’incarnarsi del Verbo in lei sarebbe stata un atto di violenza. La maternità della Madonna avrebbe assunto uno dei tanti significati mitologici di cui è piena la letteratura mondiale. Una congiunzione di Dio con gli uomini di cui parlano molte storie
religiose dell’umanità.
Ma proprio queste mitologie ci fanno capire che l’umanità è sempre stata implicitamente cosciente che la sola possibilità per conoscere Dio, nella sua verità, era quella di diventare uomo, venendo alla luce attraverso una madre.
La Madonna sta perciò all’inizio della storia della salvezza. La nostra salvezza personale dipende totalmente dal “sì” che lei ha pronunciato. Il posto di Maria nel cristianesimo non è uguale a quello del Salvatore, perché la salvezza viene da Cristo e da Cristo solo. Maria rimane dalla nostra parte, dalla parte di quelli che credono alla Parola che si è rivelata; dalla parte di quelli che pregano e aderiscono alla volontà di Dio.
Tuttavia, il suo posto viene prima di quello che noi occupiamo, perché la sua posizione è singolarissima. Il suo rapporto con il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo è stato unico, poiché lei sola è stata la Madre del Salvatore.
Non dovremmo mai banalizzare o svuotare di significato questa singolarità dalla Madonna, perché nessun altro potrà condividere con lei il suo posto nell’economia della redenzione. Non è semplicemente una Santa tra gli altri Santi, fosse pur la più grande, perché è la Madre di Cristo e come Madre di Cristo è la Madre di Dio. Ha generato il suo Creatore.
La Chiesa, cioè la comunità dei credenti di tutti i tempi, ha scelto come preghiera, con cui rivolgersi a Maria di Nazareth, le stesse parole contenute nella Bibbia. La prima parte dell’Ave Maria, che è il nocciolo della devozione mariana cristiana e il nocciolo della preghiera del rosario, è un intreccio delle parole stesse, che l’angelo Gabriele ed Elisabetta hanno rivolto a Maria.
«Ti saluto o Maria, piena di grazia, il Signore è con te». Quando ripetiamo queste parole affermiamo la priorità di Maria su tutte le altre creature. È piena di grazia ed il Signore è con lei, perché è stata preservata dal peccato, così da essere in grado di dire un sì incondizionato a Dio.
Per questo “sì”, che ha reso accessibile il mistero della Trinità all’uomo, tutta l’umanità la dirà beata e dirà benedetto il frutto del suo seno. Lo aveva già intuito quella donna del popolo, che alzò la voce mentre Gesù predicava alla folla: «Beato il ventre che ti ha portato ed il seno che ti ha allattato».
Ma questo fatto è vero ed è stato possibile solo perché Maria di Nazareth, anche se giovanissima, aveva saputo pronunciare un “sì” così incondizionato che nessun’altra persona umana avrebbe saputo esprimere. La sua fede è stata così grande da superare quella di tutti. Questa è stata la precisazione sulla fede che, rispondendo alla donna che aveva gridato dal mezzo della gente, Gesù ha voluto portare: «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». (Lc 11, 27-28)
Nel Vangelo c’è un altro episodio che ci fa capire che la Madonna ci precede tutti, per la sua fede totale. È stato in un momento drammatico della sua vita pubblica, riferito dall’evangelista Marco.
Gesù, dopo aver lasciato la casa paterna di Nazareth, sceglie tra i giovani i dodici Apostoli, chiamandoli a seguirlo e a imitarlo. È un fatto strano che crea scalpore nei villaggi della Galilea, ma molti altri incominciano a seguirlo, fino a non trovare più modo e tempo di prendere cibo, come annota S. Marco.
A Gerusalemme i capi religiosi sono sconcertati e temono disordini. Mandano in Galilea una delegazione di scribi a interrogarlo, e questi cercano di screditare il fatto, sentenziando che Gesù è posseduto dal demonio.
Anche i parenti di Gesù si fanno inquieti e trepidano per lui: hanno l’impressione che sia «fuori di sé». Vorrebbero che finisse questa sua impresa e tornasse a Nazareth.
Mentre Gesù sta predicando a Cafarnao, nella casa di Pietro e Andrea che lo ospitavano, arriva sua madre, accompagnata da parenti e cugini, che non osano entrare e lo mandano a chiamare. Qualcuno gli dice: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono fuori e ti cercano». Gesù, guardando la gente seduta attorno a lui, esclama: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?… Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, sorella e madre». (Mc 3, 13-35)
La Madonna è grande, non solo e non tanto per il fatto fisico di aver generato Gesù nella carne, ma per il “sì” incondizionato che ha saputo dire al Padre. Senza questo atto di fede non avrebbe mai potuto diventare madre di Dio. Noi diventiamo fratelli e sorelle di Cristo, e tra di noi, solo
nella misura in cui anche noi crediamo veramente in Lui.
Maria, tuttavia, è e rimane la madre. Nel rapporto umano questo è il fatto, in cui si realizza il massimo della compenetrazione e della dipendenza tra due persone. Nell’«Ave Maria» diciamo, perciò: «Tu sei benedetta fra tutte le donne». Maria è la creatura che ci precede tutti, e rimane ineguagliabile.
Ciò perché è madre di Cristo, capo del Corpo mistico, che è la Sua Chiesa e a cui noi apparteniamo, che Maria è anche madre nostra. Ed è perché è madre nostra che nell’«Ave Maria» le diciamo ancora, come diremmo ad ogni madre: «prega per noi peccatori».
Non sapremo mai dire un “sì” incondizionato al Signore, come quello di Maria, pronunciato all’inizio della sua vita a Nazareth, nella grotta dove l’angelo Gabriele l’ha incontrata; ai piedi della croce, dove ci è stata donata da Cristo come madre, nella persona di Giovanni che rappresentava tutti noi credenti: «Figlio ecco tua madre»; pronunciato nel cenacolo il giorno di Pentecoste, dove i discepoli e gli Apostoli si erano riuniti attorno a Lei, in preghiera, ad attendere lo Spirito Santo.
Quello stesso Spirito Santo che l’aveva resa madre ha generato, con Lei, in quel momento, la comunità di tutti i credenti che è la Chiesa. La Chiesa è la comunità cui noi apparteniamo e nella quale abbiamo ricevuto assieme la missione di rigenerare continuamente la presenza di Cristo nel mondo.
Di questa madre di Cristo, che ha accompagnato il formarsi della prima comunità ecclesiale della storia, abbiamo bisogno anche noi che abbiamo ricevuto il compito di predicare ovunque Cristo a tutte le genti (Mt. 28,18-20).
Abbiamo bisogno della sua intercessione di madre in continuazione, lungo l’arco di tutta la vita: «adesso e nell’ora della nostra morte».
Adesso, ossia in ogni istante della nostra vita, durante la quale rimaniamo imbrigliati nella nostra fragilità umana, e in quell’ora nella quale, in un trapasso doloroso e beato, ci troviamo nella condizione di dover pronunciare, finalmente, il nostro “sì” incondizionato a Dio: nell’ora della nostra morte.
Noi viviamo in vista di quell’ora. Come credenti ci prepariamo a quell’ora, nella quale, messi alle strette, siamo più che mai incapaci di prestare il nostro consenso a Dio, con le nostre sole forze. È il momento nel quale il Padre ci fa ritornare a Lui.
In quell’ora saremo fortunati se potremo contare sull’aiuto e l’intercessione di Maria di Nazareth; della Madonna delle Grazie, che il suo “sì” l’ha saputo e potuto dire effettivamente.
È per questo motivo che la Chiesa ci invita, oggi, a riprendere la pratica della recita del santo rosario quotidiano, poiché in esso, oltre a prendere coscienza del fatto che Maria è il modello perfetto di ogni credente, e perciò modello per nostra vita di tutti i giorni, è anche colei che ci aiuterà a dire al Signore il nostro “sì” più decisivo: quello «dell’ora della nostra morte».