Omelia nella celebrazione eucaristica del Congresso europeo sulla famiglia 21 settembre 1994
Cari fratelli e sorelle nel Signore,
I tentativi del pensiero cristiano di trovare un rapporto tra la Santissima Trinità, mistero centrale della nostra fede, e la famiglia sono stati molteplici.
Maurice Blondel ha pensato, per fare un solo esempio, che la specificità della donna nel matrimonio è, per analogia con lo Spirito Santo in seno alla Trinità, quella di porsi come amore unificante tra il padre e i figli.
Per altri, la donna, segno non solo della recettività, ma anche della fecondità, concorre, sempre secondo le nostre timide prospettive umane, alla generazione dei figli, così come, secondo il sentire specifico della teologia cattolica, il Figlio, generato dal Padre, procede in seno alla Trinità anche dallo Spirito Santo.
La coscienza cristiana comune è consapevole, sia pure confusamente, della ascendenza trinitaria della famiglia umana, benché non sia possibile trovare nella stessa un riscontro perfetto della struttura del rapporto tra le persone divine in seno alla Trinità, riscontro evidentemente irripetibile nelle creature.
Dobbiamo accontentarci di un approccio di conoscenza, in cui le uguaglianze e le disuguaglianze tra il mistero del Dio trino e la realtà familiare umana possono essere colte solo per similitudine, poiché, come constata S. Paolo «ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia». (1 Cor 13, 12).
Se la mente umana può procedere solo per analogia, la Scrittura ci offre, per contro, indicazioni preziosissime sul rapporto esistente tra il Mistero trinitario e la famiglia.
Poiché l’unione sponsale tra l’uomo e la donna è il punto culminante verso il quale Dio ha fatto convergere, secondo il racconto biblico, tutta la creazione, essa è investita fin dall’origine di una sacralità che la rende capace di diventare segno da cui l’uomo può risalire alla conoscenza del Dio uno e trino.
Questa struttura sacra e trasparente, insita nell’animo profondo della realtà della famiglia umana, non deriva, infatti, da una semplice partecipazione dell’uomo e della donna alla potenza creativa di Dio, inteso quale ente metafisico supremo, conoscibile anche dalla ragione umana, bensì da una loro partecipazione intima alla fecondità del mistero trinitario, conoscibile solo per fede.
Al di là di tutti i tentativi di trovare in seno alla famiglia umana un riscontro dei rapporti, specifici e irripetibili, esistenti tra le persone della Trinità, è tuttavia profondamente vero che la famiglia racchiude e custodisce in se stessa l’impronta del Dio Uno e Trino: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza».
Nella recente Lettera alle Famiglie (n. 6), Papa Giovanni Paolo II afferma che «Il modello originario della famiglia va ricercato in Dio stesso», poiché «il “Noi divino” costituisce il modello del “noi” umano; di quel “noi”, anzitutto, che è formato dall’uomo e dalla donna, creati a immagine e somiglianza divina».
Anche se questo dovesse essere l’unico elemento rivelato dalla Sacra Scrittura, sarebbe già sufficiente per aiutarci a capire che la nostra esperienza familiare quotidiana non si esaurisce in un rapporto umano di amore tra i suoi membri, ma si inserisce in un orizzonte di dignità e di responsabilità molto più vasto, che lo fa ascendere fino alla trascendenza delle tre persone divine. Il mistero della Trinità è la realtà viva e l’orizzonte in cui prende significato e si svolge il destino della nostra vita personale e familiare.
Esiste, tuttavia, un altro momento centrale della storia della salvezza, in cui il rapporto tra il mistero della TrinItà e la famiglia diventa ancora più esplicito e stringente, rispetto alla primigenia rivelazione della Genesi. La sacra famiglia di Nazareth, infatti, è il primo ambito umano in cui la Trinità si è rivelata al mondo in modo immediato ed esplicito.
Nell’episodio dell’annunciazione, l’angelo Gabriele, per la prima volta in modo inequivocabile nel corso della storia della salvezza, rivela a Maria l’esistenza della Trinità.
L’evangelista Luca mette, infatti, sulle labbra dell’angelo queste parole: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te … perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, e lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo… Lo Spirito Santo scenderà su di te… colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (cfr. Lc 1, 28.30.31-32.35).
Questa stessa rivelazione trova riscontro nel Vangelo di S. Matteo, di cui celebriamo oggi la festa.
Mentre Giuseppe meditava di licenziare segretamente Maria incinta, un angelo di Dio in sogno gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, come tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 20-21).
Questa appartenenza del figlio di Maria al mistero della Trinità emerge ancora in seno alla famiglia di Nazareth, prima della predicazione pubblica di Gesù. Nell’episodio del suo ritrovamento nel Tempio Gesù risponde a Giuseppe e Maria: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49).
Pur nella sua specificità e straordinarietà umana, la famiglia di Nazareth è stata il primo ambito in cui la TriniTà ha manifestato la sua esistenza, distinguendo in se stessa l’esistenza di tre Persone. Il mistero dell’esistenza delle tre Persone divine è entrato così, inequivocabilmente, nella storia degli uomini, attraverso la famiglia. Ma ciò non vale soltanto per la famiglia di Nazareth.
Abbiamo già constatato, infatti, che la realtà interpersonale della famiglia umana nasce dal rapporto reciproco di amore e di donazione delle persone che la costituiscono, in cui possiamo intravedere l’immagine del mistero stesso della Trinità.
Poiché la famiglia è il referente umano per conoscere, sia pure «come a tentoni», per ripetere l’espressione usata da S. Paolo sull’Areopago (At 17, 27), il mistero dell’esistenza in Dio di tre Persone, e poiché la famiglia di Nazareth è stata il luogo in cui la comunione delle tre persone divine si è storicamente rivelata, per noi cristiani diventa più che mai evidente, nella situazione di profondo disorientamento della nostra società sull’esperienza familiare, che la famiglia deve riappropriarsi del compito di annunciare ai suoi membri questo mistero, educandoli inoltre a vivere la presenza delle tre Persone divine nella loro esistenza.
Da sempre, l’educazione cristiana in seno alla famiglia è iniziata invitando i bambini al segno della croce: è il segno attraverso il quale il bambino apprende che la sua persona trova la sua origine ultima nel mistero della Trinità.
È il momento nel quale la famiglia esplicita il sacramento del battesimo, attraverso il quale l’uomo viene assunto a partecipare misteriosamente, ma realmente, al mistero del Dio vivente in tre persone: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).
Il fatto che nella condizione concreta della nostra vita questa consapevolezza non sia certo frequente, non significa che essa possa essere considerata d’importanza secondaria rispetto allo sforzo che tutti i cristiani, degni di questo nome, compiono per vivere una vita morale.
Alla famiglia, nel solco sia pure irripetibile di quella di Nazareth, è affidata, per riprendere quanto scrive Papa Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio (n. 17), «la missione fondamentale di custodire, rivelare e comunicare l’amore agli uomini». E l’amore ha la sua origine nel rapporto delle tre persone divine, in cui trova significato tutta la realtà creata e l’esistenza stessa del genere umano.
La nostre famiglie devono perciò riscoprire questa loro fondamentale missione educativa. Esse sono al servizio della reciproca edificazione dei loro membri.
L’Esortazione apostolica Familiaris Consortio esorta i genitori cristiani ad educare i figli proponendo loro «tutti i contenuti che sono necessari per la graduale maturazione della loro personalità cristiana ed ecclesiale» (n. 39).
Questi contenuti sono riassunti nel segno della Croce, in cui non si rivela solo l’esistenza dei Tre-che-sono UNO e la nostra appartenenza ad essi, ma anche l’incommensurabilità del loro amore per noi uomini.
Se l’Anno della Famiglia aiutasse tutti gli uomini di buona volontà a comprendere la responsabilità che essa comporta per la reciproca educazione dei coniugi e dei figli, non solo dal profilo dello sviluppo naturale, ma anche religioso e cristiano, allora anche per noi credenti non sarà stata una celebrazione inutile.
Si è aperto a Lugano il Congresso sulla Famiglia. Tra i temi più delicati della discussione vi è quello delle molte, crescenti situazioni eterogenee di convivenza, nelle quali il legislatore si sforza di introdurre provvedimenti di tutela, giuridici, economici e morali.
A questi tentativi dobbiamo guardare con attenzione, ma con la consapevolezza nella fede che queste unioni non saranno mai omologabili alla famiglia, e sono perciò una non-famiglia, perché in esse manca radicalmente l’impronta insopprimibile della Trinità.