Prima catechesi al pellegrinaggio diocesano ticinese dei giovani a Santiago di Compostela per l’incontro con il Papa 14-23 agosto 1989
L’episodio di Emmaus rivela in anteprima l’atteggiamento che la maggior parte della gente assume di fronte al Mistero cristiano.
Discutevano tra loro degli avvenimenti accaduti nei giorni precedenti. E’ sempre stato così: coloro i quali si sono soffermati a discutere su di Lui non hanno creduto. Questo dato è drammaticamente vero anche oggi nella società moderna. È una società, nella quale si discute molto, e tutti possono giustamente discutere, ma guai a chi arriva ad una conclusione.
E dobbiamo pensare a noi stessi perché anche noi corriamo, lungo tutto il cammino della nostra vita, il pericolo di fermarci a ragionare, a discutere dentro di noi sul problema di Gesù Cristo, sul problema della Chiesa, sul problema della Religione sempre alla ricerca di argomenti: ma c’è sempre l’argomento contrario che finisce per essere psicologicamente più forte. E questo è l’errore che negli Atti degli Apostoli, San Luca ci mostra per farci capire l’atteggiamento che non dobbiamo assumere, quello dei due discepoli. Discutevano, ma i loro occhi come i nostri, furono incapaci di riconoscere Gesù Cristo.
La discussione non porta a conoscere, ad aderire alla persona di Cristo, perché Gesù Cristo non è una dottrina da discutere, ma un Mistero, una Persona alla quale possiamo solo incontrare ed aderire. 1
Per questo nel Vangelo dice: «Chi è contro di voi è contro di me». Anche l’ultimo giudizio è concepito in questi termini: «Io avevo fame e voi mi avete dato da mangiare, io avevo sete e voi mi avete dato da bere».
Egli non fa un esame di quello che abbiamo compiuto, ma del modo con il ci siamo rapportati con Lui.
Perché l’essenza della Fede non sta nella dottrina che dobbiamo professare, ma nella nostra adesione alla Persona di Cristo.
Solo se abbiamo dentro questa domanda sentiamo ardere dentro di noi il nostro cuore. Perché ciò che ha salvato i discepoli di Emmaus, che alla fine hanno riconosciuto Gesù Cristo, è il fatto che c’era qualche cosa che ardeva dentro il loro cuore.
E qualche cosa deve ard e re dentro il nostro cuore, perché è da questo calore,da questa passione che abbiamo dentro, da questo desiderio che nasce la domanda, nasce la curiosità, nasce la possibilità di incontro con la Persona di Gesù Cristo fine al punto di riuscire a dare del Tu a Gesù Cristo. Dobbiamo riuscire a dare dei. Tu a Gesù Cristo.
E ora che siete tutti adulti capite cosa significa dare dei tu ad una persona: quando si capisce che questa comincia a diventare importante, per la nostra vita.
Vi rendete conto come sia difficile fare il silenzio e la meditazione. Ma senza di essi la domanda non può nascere dentro di noi.
Cristo è una Persona che dentro di noi rifiutiamo oppure accettiamo. Se guardiamo bene la nostra storia personale ci accorgiamo come sia profondamente vero tutto questo.2 Siamo capaci di accettare, ma siamo capaci anche di rifiutare dentro di noi la Persona di Cristo, perché non abbiamo il coraggio di fargli il posto per vivere dentro di noi. Il Papa ha detto una volta che per conoscere Gesù Cristo, per aderire a Lui, dobbiamo essere capaci di stupore, di fare l’esperienza dello stupore che è l’esperienza più profondamente umana.
Lo stupore è forse l’atto più esaltante dal profilo psicologico che l’uomo possa produrre.
Ma lo stupore non nasce dai nulla, nasce sempre e solo da un cammino di ricerca. Nasce solo se abbiamo dentro un’inquietudine, abbiamo dentro un desiderio, abbiamo dentro una domanda.
Facciamo al Signore costantemente la stessa domanda che hanno fatto la Madonna e Nicodemo: «Ma come è possibile?».
E’ questa la domanda che dobbiamo fare a Gesù Cristo:
«Come è possibile?»
Per questo nel Vangelo dice: «Chi è contro di coi è contro di me». Anche l’ultimo giudizio è concepito in questi termini: «Io avevo fame e voi mi avete dato da mangiare, io avevo, sete e voi mi avete dato da bere».
Egli non fa un esame di quello che abbiamo compiuto, ma del modo con il ci siamo rapportati con Lui. Perché l’essenza della Fede non sta nella dottrina che dobbiamo professare, ma nella nostra adesione alla Persona di Cristo.
L’incontro con Gesù Cristo fino al punto dargli del Tu nasce improvvisamente, ma dobbiamo creare le condizioni perché questo possa avvenire.
Per questo facciamo dei pellegrinaggi, dei cammini come quello della speranza, il Tamaro , per questo dovremo riprendere a fare gli Esercizi Spirituali, perché queste sono le condizioni previe, insostituibili per far rinascere dentro il nostro cuore, nel frastuono della vita il desiderio di scoprire il Mistero di Dio attraverso la Persona di Gesù Cristo.
Siamo troppo soddisfatti nella vita, abbiamo tutto ed è più difficile porci la domanda religiosa e affrontare la Fede non riducendola ad una morale che ci consente di stare bene.
Dobbiamo saper testimoniare Cristo anche nella vita moderna. Dobbiamo uscire dal nostro nascondiglio e ridiventare pellegrini verso un orizzonte più grande del nostro orizzonte personale.
I pellegrini che ci hanno preceduti (quanti milioni con dentro un profondo desiderio di conversione, con una serietà incredibile – e la dobbiamo scoprire anche noi questa serietà nella vita! – al punto da lasciare la loro attività, i loro commerci,la loro casa in balia a chissà chi pur di intraprendere questo lungo cammino in cerca di un orizzonte diverso, nuovo per la loro vita) quei milioni di pellegrini ci devono far riflettere.
Dobbiamo avere anche noi questa serietà perché non diventi una passeggiata e basta.
Il consumismo della società moderna sta nel fare ogni cosa dando sempre un qualche carattere di serietà sportiva o turistico-culturale, ma ci manca la serietà dell’uomo medievale, che sentiva profondamente il bisogno della verità su se stesso e su Dio.
E solo se siamo capaci dì questa serietà riusciremo a sentire veramente l’invito all’incontro che il Signore ci fa, la vocazione che abbiamo dentro.
In quel momento, quando lo incontriamo veramente, riusciamo a capire cosa significa che Cristo è la strada, è Colui che dobbiamo incontrare se vogliamo capire il senso del nostro destino, del nostro vivere, del nostro respirare in modo cosciente.
Quando l’uomo si avvicina liberamente, scegliendo con serietà, a Cristo, Cristo rivela profondamente l’uomo a se stesso.
Noi riusciamo a capire il valore della nostra persona solo se pensiamo al Mistero dell’Incarnazione attraverso il quale il Figlio di Dio ha assunto la nostra storia,la nostra dignità, il nostro essere, la nostra natura è diventato – l’abbiamo letto ieri nella lettera ai Filippesi – è diventato uno di noi. Non ha ritenuto un privilegio quello di rimanere alla destra del Padre, ma si è fatte uomo per rivelarci il Padre e ci ha rivelato, morendo per noi sulla croce, la nostra dignità.
Solo se capiamo veramente queste cose riusciamo a capire il valore reale della nostra persona, che non è filosofico, non è affettivo, non è psicologico solamente, ma è l’essere stati amati da Gesù Cristo e dal Padre fino ai punto da mandare il Figlio affinché morisse in croce. In questo Gesù Cristo è la nostra Via: è la sola possibilità per capire veramente fino in fondo tutta la verità, il senso della nostra persona.
Qualsiasi uomo o donna che capisce questo è redento, salva la vita perché la vive in modo giusto, dentro l’orizzonte vero della verità e dell’essere di Dio.
Nell’Antichità dentro la croce i cristiani scrivevano due parole dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra: la prima parola era “fos” e che vuol dire “luce” la seconda parola era “zoè” che vuol dire “vita”.
Dunque Cristo è la luce e la vita, Cristo che è l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine delle cose.
E’ il riassunto globale: infatti Gesù Cristo ha rivelato tutto quello che Dio intendeva rivelare all’uomo. Dopo Cristo non c’è più stata rivelazione.
Per capire queste cose anche noi, come i discepoli di Emmaus, dobbiamo tornare indietro a Gerusalemme. Come i due che sono tornati dagli Apostoli per avere la conferma di quello che era successo.
Notate bere che hanno riconosciuto Cristo quando hanno spezzato il pane e anche noi ci riconosciamo come fratelli quando celebriamo l’Eucarestia: spezziamo il pane che è il segno attraverso il quale i cristiani si riconoscono, perché è il gesto di comune unione tra di noi con Cristo.
Facciamo la Comunione per significare che i Misteri li celebriamo per la nostra persona non per celebrare qualcosa di semplicemente oggettivo, ma qualcosa che dà significato, che deve incidere sulla nostra persona. (…) Non c’è gesto più vero e più profondamente unitivo del momento della Comunione.
Tornare a Gerusalemme significa che dobbiamo riscoprire la Chiesa come il luogo che ci permette di capire le cose.
Anche San Paolo, dopo la visione di Damasco, è andato a Gerusalemme dagli Apostoli perché la sua certezza interiore, che pur era grandissima, non gli è bastata. Ha dovuto avere la conferma che il suo Vangelo – quello che aveva ricevuto per illuminazione speciale a Damasco – fosse corrispondente a quello degli Apostoli.
Questo passaggio non possiamo saltarlo altrimenti diventa tutto soggettivo e la nostra Fede interiore è incapace di unirci tra di noi se non facciamo capo a quella realtà che è la Chiesa di cui gli Apostoli e Vescovi con il Papa sono i garanti indipendentemente dalla loro santità, garanti oggettivi della verità della nostra Fede. Dobbiamo imparare a tornare alla Chiesa se vogliamo veramente crescere nella Fede.
E tutto questo rigenera la nostra persona, dà nuova identità alla nostra persona che per i 4/5 si identifica con il mondo.
Dobbiamo identificarci con il Mistero di Cristo,che è dentro il Mistero, tante volte meno chiaro della Chiesa. Questa è la Redenzione, la possibilità data all’uomo di riscoprire la verità su se stesso e su Dio.
La Redenzione è questo dono perché Gesù Cristo ci ha rivelato il Padre e rivelando il Padre ha rivelato l’uomo a se stesso, come ha spiegato il Papa nella sua prima Enciclica Cristo Redentore dell’uomo.
1 Il Vescovo Eugenio disse in altra occasione:«Noi dobbiamo collaborare con tutti alla costruzione dei mondo, ma non possiamo lavorare solo per la pace, la giustizia, la salvaguardia del creato. Siamo chiamati prima di tutto ad annunciare Gesù Cristo, la fede in Cristo, unico Salvatore. Poi ci metteremo con il piccone a far la pace, la giustizia e la salvaguardia dei creato. Bisogna lavorare, ma il nostro compito prioritario e insostituibile è annunciare che è Cristo che ci salva.
L’uomo, dopo il suo lavoro dì costruzione della società, deve riconciliarsi comunque con Dio, attraverso Gesù Cristo, e andare a confessarsi lo stesso.
Quando ci saranno la giustizia, la pace e la salvaguardia del mondo, ci sarà ancora il peccato in noi, per cui non si tratta di non collaborare, ma si tratta dì essere coscienti che la missione sarà sempre il nostro compito fondamentale, affinché anche gli altri possano costruire il mondo in modo giusto». (da La missione nello Spirito Santo, 14/XII/1991)
2«Se Gesù Cristo non l’avete incontrato personalmente, se è solo un’idea, un’astrazione, non una persona alla quale ci rivolgiamo, non c’è sequela. C’è una dottrina da imparare. E non si lascia tutto, non si offre la propria vita per una dottrina». (da La moralità, 9 ottobre 1993)