Omelia nella S. Messa della notte di Natale, 1990
«Cristo, il Galileo, è stato il riformatore dell’umanità, predicando il bene morale; io invece sono il benefattore di questa umanità. Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo come moralista ha diviso gli uomini secondo il bene ed il male; io li unirò ricolmandoli di benefici, senza distinzione tra buoni e cattivi… La mia giustizia non sarà solo compensatrice, ma anche distributiva».
Non una giustizia che ricompensa secondo i meriti, ma che concede a ciascuno ciò che desidera.
Con queste suggestive promesse il pensatore russo Vladimir
Solov’ev, alla fine del secolo scorso, ha sintetizzato profeticamente il programma religioso, politico e sociale dell’«uomo del futuro»: il grande uomo venuto a completare e definire il destino dell’umanità, come vero ed ultimo salvatore: l’Anticristo.
Un modello di Anticristo diverso da quello biblico, che impersonava le forze del male e venne identificato dalla tradizione popolare nei personaggi più abietti della storia, come Erode e Nerone.
L’Anticristo descritto da Solov’ev con straordinaria preveggenza, cento anni or sono, è l’uomo moderno. Un uomo che pretende di essere razionale e buono, che promette al mondo la felicità. E persuaso di essere investito della missione di svelare agli uomini, con la sola intelligenza umana, tutta la verità, superando la verità stessa rivelata.
È il nuovo profeta, che ha il compito di predicare la verità totale e definitiva sull’uomo. È un genio straordinario, di una moralità irreprensibile; un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini, ma anche degli animali, e soprattutto proteso, una volta raggiunto il potere politico universale, ad instaurare l’uguaglianza ritenuta più essenziale per l’uomo: quella della «sazietà generale».
L’Anticristo di Solov’ev riesce, nel volgere di pochi anni, ad autoproclamarsi imperatore universale, riconosciuto da tutti. È l’uomo capace di riunire tutti i popoli, di realizzare la pace sociale, di unificare ecumenicamente tutte le religioni ed i culti, elidendo ogni differenza e divisione, perché ritenute causa di tutti i conflitti della storia.
Il racconto profetico dello scrittore russo descrive però anche il crollo finale del tempio innalzato per celebrare questo progetto umano, nel solco dell’episodio antico della Torre di Babele.
L’Anticristo fallisce definitivamente allorquando, nelle ultime fasi dell’unificazione di tutte le religioni, viene chiamato, dai cristiani, ormai ridotti ad un’esigua minoranza, come il resto di Israele, a svelare se stesso ed a professare la sua posizione nei confronti del Galileo, di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. La sua professione di fede è ambigua. Cristo, per lui, non è propriamente il Figlio di Dio fatto uomo, ma solo un grande profeta.
In quel momento si consuma il fallimento del progetto dell’Anticristo. I popoli da lui sedotti, con la promessa di liberazione e di benessere universale, fondato sulla distribuzione di benefici a tutti gli uomini, buoni e cattivi indistintamente, si ribellano al suo potere.
In questa notte di Natale, in cui celebriamo il mistero della nascita di Dio nel mondo, non mancano i motivi per meditare su questo progetto umano di salvezza dell’Anticristo, perché questo Anticristo, così come è descritto da Solov’ev risulta più che mai attuale ai nostri giorni.
Anche oggi l’umanità è sedotta da una promessa di uguaglianza nella giustizia, realizzata solo dall’uomo; sente le lusinghe di una pace globale, affidata solo alla buona volontà di tutti e spera in un benessere universale, come fatto risolutore, capace finalmente di garantire all’uomo la salvezza.
Noi cristiani dobbiamo rimanere coscienti dell’inganno di questo progetto, che non comprende Cristo, senza però sottrarci al compito di collaborare con tutti gli uomini per realizzare i diritti fondamentali della persona, la pace universale ed il benessere materiale dei popoli.
Sarebbe tuttavia la negazione dell’unicità di Cristo credere che la salvezza della nostra persona e dell’umanità, si risolva semplicemente in una migliore organizzazione politica ed economica della convivenza umana.
È un progetto che accompagna la storia dell’umanità di tutti i tempi: quello di ridurre il messaggio del cristianesimo ad una semplice saggezza umana, realizzata dagli spiriti più illuminati ed altruisti.
E una proposta che si identifica nella pacificazione sociale solo esteriore, nella soddisfazione di ciò che appare più essenziale e necessario nella vita terrena, sia nel campo dei bisogni materiali che spirituali.
L’Anticristo può mostrarsi, nel corso della storia, nella veste di singole persone. Esse, tuttavia, sono sempre l’espressione di posizioni filosofiche e culturali, morali o religiose, collettive, dai mille volti, proposte come alternativa radicale al cristianesimo.
In ogni epoca esistono impostazioni filosofico-culturali o religiose che tendono, in ultima analisi, a negare Cristo o a dimostrare che Egli non è l’unico Redentore del mondo e che la Sua signoria, così come il Suo amore per noi, non sono necessari per la salvezza dell’uomo; anzi, diventano un intralcio, un impedimento alla realizzazione della nostra felicità.
Oggi come nel passato l’Anticristo è tutto ciò che tende a convincerci che non v’è più posto per il Cristo nella nostra esistenza; che la sua umanità, in cui il Verbo, il Logos di Dio, si è incarnato, ha esaurito il suo ruolo storico e perciò non è più necessaria.
L’Anticristo si concretizza in tutte quelle dottrine, che si pongono in modo sostitutivo alla fede in Cristo, offrendosi come forme diverse di salvezza per l’umanità.
La nostra capacità di cristiani deve essere quella di saper individuare, nella fede, i segni della sua presenza.
Nel mondo contemporaneo tali segni sono ravvisabili, non solo in quei regimi tradizionalmente atei o anticlericali, dei quali la storia europea recente ha registrato il clamoroso fallimento, ma sono ravvisabili anche in sistemi politici ed economici improntati alla democrazia, alle leg- gi della libertà di mercato e ad una più grande tolleranza.
In entrambi i casi, infatti, seppure in modi diversi, si possono realizzare i controvalori dell’Anticristo, tra i quali la secolarizzazione, l’indifferentismo religioso, l’etica del piacere, del successo e del potere; il primato dell’economia sulla morale e dell’utile sul giusto, il disprezzo per la vita umana in tutti i suoi stadi. A quante iniquità stiamo assistendo nel nostro tempo, nel mondo occidentale e nel nostro piccolo Paese, nei confronti dei più deboli, degli emarginati e degli indifesi.
Per non dire della situazione dei popoli del Medio Oriente, come quello libanese, forse lacerato e disperso in modo definitivo; quelli palestinese ed israeliano, martoriati da insanabili odi etnici e religiosi, ed infine, le sorti delle popolazioni del Golfo Persico, su cui incombe, oggi più che mai, lo spettro di una guerra spaventosa.
Questi popoli, di diversa religione ed appartenenza etnica, pagano allo stesso modo, l’assenza di una vera politica internazionale di pace e di giustizia, che, per quasi un secolo, ha lasciato libero il campo alla cupidigia economica di un potere di diversa ispirazione ideologica, che preferisce nascondersi dietro le quinte di un presunto interesse universale.
L’Anticristo non è tuttavia presente solo nell’azione dei centri di potere, più o meno occulti, ma anche nell’intimo della nostra vita quotidiana.
L’Anticristo si profila in noi quando viviamo il cristianesimo, non a parti re dalla persona di Cristo, dal dono di se stesso, nella sua nascita, morte e risurrezione, ma piuttosto a partire dalle nostre istintività personali, dai nostri desideri illegittimi, dalle nostre passioni, individuali e collettive.
La diffusione, tipica dell’ora presente, di una morale edonistica, il culto del benessere fisico e materiale, il tentativo disperato di eludere il dolore, l’indisponibilità al sacrificio, la sordità ai bisogni del prossimo, il tentativo di emanciparsi dalla morale cristiana, non sono altro che uno dei molti modi attraverso i quali cancelliamo il Cristo dalla nostra vita.
Un’altra forma di falsificazione del Cristo si manifesta in noi, quando invece di amare prima di tutto la Sua persona, cerchiamo, non senza presunzione, di entrare in contatto con Lui, per ottenere prima di tutto una risposta ai nostri bisogni e ai nostri capricci contingenti.
Il nostro essere cristiani ed il nostro amore per Cristo si fermano, spesso, laddove arrivano le nostre piccole esigenze.
Anche nei momenti più difficili e drammatici della nostra esistenza non è raro in noi l’atteggiamento di invocare il suo aiuto, senza che vi sia in noi una vera e profonda fede; tant’è che siamo capaci, una volta esauditi, di tornare alla nostra incredulità.
Dal Signore Gesù Cristo cerchiamo di strappare, prima di tutto, ciò che riteniamo essere mondanamente utile per noi: la grazia o il miracolo, da inserire però nel nostro progetto, senza credere in Lui ed amarlo veramente.
Questo, cari fratelli e sorelle, è sovente il nostro modo di essere cristiani; questa è la funzione distorta che noi attribuiamo a Gesù Cristo, nella nostra vita individuale e sociale.
Giustifichiamo nella nostra esistenza tutta una serie di posizioni equivoche, di cui l’Anticristo, prospettato nell’Antico e nel Nuovo Testamento, è appunto l’esponente compiuto e definitivo.
Ma, davanti alla culla di questo bambino, nel quale il Verbo di Dio si è degnato diventare uomo come noi, dobbiamo interrogarci sul nostro rapporto reale con la Sua persona.
Perché, cari fratelli e sorelle, qui presenti o partecipi, attraverso le antenne radio, a questa celebrazione, sempre suggestiva e commovente, perché dobbiamo aderire a Cristo ed amarlo con tutto l’affetto del nostro cuore?
Esiste un’unica ragione per spiegare l’accoglienza che dobbiamo offrirgli. Non possiamo amare Cristo solo perché sarebbe il più grande tra gli uomini, essendo anche Dio, e neppure in ultima analisi, perché ci ha lasciato norme di vita incomparabili per rendere più umana la nostra esistenza.
La sola vera ragione per amare Cristo è perché Cristo, nell’unicità del suo cuore, ci ha amati di un amore unico al mondo. Un amore che si dona a noi, anche in questa notte, come sulla Croce, indipendentemente dalle nostre debolezze e dai nostri peccati.
Solo la certezza che Egli ci, ama, può aiutarci a sconfiggere in noi e nel mondo la presenza dell’Anticristo. E il sorriso con il quale ci guarda, in questa notte, deve riempirci di affetto e di amore per Lui.